Viene subito da chiedersi: perché perforatum. Perché le sue foglie sono picchiettate di minuscole ghiandole trasparenti che in controluce appaiono come forellini e che contengono resina e oli essenziali incolori.
I fiori sono di un giallo carico e i petali sono ricoperti di puntini neri, che, se sfregati, tingono le dita di rosso.
Molti erboristi sostengono che i ” forellini ” traslucidi e i ” puntini ” contengono i principi medicinali più attivi.
Il gambo dell’Hypericum perforatum è particolare; così lo descrive il dottor RudoIf Fritz Weiss nel suo libro Nerbai Medicine:
La pianta presenta due rilievi lungo lo stelo, un fenomeno alquanto raro nel mondo botanico, in quanto la regola generale è rappresentata da steli a sezione rotonda o quadrata. Solo l’Hypericum perforatum dispone di questi due rilievi, che danno l’impressione di uno stelo appiattito.
Un po di storia
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L’ Hypericum perforatum è conosciuto anche come “erba di san Giovanni”. Ovviamente il “mistero” di questo nome può essere chiarito soltanto facendo ricorso a varie leggende, le quali tuttavia concordano sul fatto che “Giovanni ” sia da identificare con il Battista e non con l’apostolo. Ecco alcune di queste leggende.
La prima si basa sulla Bibbia, nella quale si afferma che Giovanni si nutriva di locuste e di miele selvatico. Il termine greco per locusta (akron), però, non indica tanto l’insetto quanto la cima delle piante su cui la locusta si posa. È vero che di solito, nella Bibbia, akron indica l’insetto, tuttavia, quando la leggenda si sofferma a descrivere le preferenze culinarie del Battista, utilizza lo stesso termine sia per l’insetto sia per la pianta.
L’iperico e la depressione
Altre leggende hanno poi compiuto un vero “balzo da locusta” nel ritenere che la pianta ingerita da san Giovanni con i suoi insetti coperti di miele fosse Hypericum perforatum…
Un’altra spiegazione prende spunto dai “puntini” neri sui petali e dai “forellini” sulle foglie: i primi rappresenterebbero il sangue versato da san Giovanni decapitato, i secondi le lacrime sparse da chi assistette a quel crudele spettacolo.
La terza spiegazione si basa sul fatto che l’Hypericum perforatum è una pianta selvatica (nel Colorado e in Australia viene considerata addirittura un’erba infestante) che fiorisce in estate, più o meno all’epoca in cui si festeggia san Giovanni (24 giugno). Ed ecco perché l’iperico, i cui fiori ricoprono i prati di un colore giallo vivo, fù soprannominato “erba di san Giovanni”.
Quale che sia l’origine del nome, è certo che nel Medioevo, la notte della vigilia di san Giovanni, era costume dormire con un mazzolino d’iperico sotto il cuscino, nella convinzione che, così facendo, il santo apparisse in sogno e proteggesse il dormiente dalla morte per un anno intero.
L’iperico come medicina
Nel suo libro Thè Healing Power of Herbs, il dottor Michael T. Murray afferma:
L’erba di san Giovanni ha una lunga tradizione nell’uso popolare:
Ippocrate (il padre della medicina), Dioscoride, il più rinomato medico dell’antica Grecia, e Plinio il Vecchio (nell’antica Roma) la impiegarono per curare molte malattie.
Il nome latino Hypericum perforatum deriva dal greco e significa “contro i fantasmi”: questo perché si credeva che l’erba respingesse gli spiriti maligni, i quali non potevano sopportarne l’odore. Difatti un altro appellativo popolare dell’iperico è “erba scacciadiavoli”.
Nella medicina popolare, l’erba di san Giovanni è stata impiegata per curare sia ferite (date le sue elevate proprietà antibatteriche e antivirali) sia disturbi ai reni e ai polmoni… ma anche per sanare quella che oggi definiamo depressione.
Nella Rodale’s Illustrateci Encyclopedia of Herbs leggiamo:
Quest’erba viene considerata benefica per l’apparato digerente; in particolare si è sempre ritenuto che i suoi componenti alleviassero i disturbi dovuti all’ulcera e alla gastrite. Inoltre è stata usata per combattere la nausea e la diarrea. Anche i lividi e le emorroidi sembrano trarre giovamento dalla sua applicazione. E stata impiegata per scopi sedativi e analgesici. I fiori, aggiunti a un particolare olio di uso medico, hanno effetto lenitivo sulle ferite da taglio. Gli erboristi infine le attribuiscono la proprietà di indurre (o aumentare) un senso di benessere.
Molto tempo prima che la depressione venisse identificata dalla medicina tradizionale come una malattia dai connotati precisi, i suoi sintomi “preoccupazione”, “inquietudine nervosa”, disturbi del sonno e altri ancora venivano curati con l’erba di san Giovanni. E anche nella moderna medicina erboristica l’erba di san Giovanni è impiegata soprattutto nella cura della depressione. Se vi siete rivolti a un erborista per curare la depressione, quasi sicuramente vi avrà consigliato l’iperico.
Per quanto riguarda invece l’uso estensivo dell’iperico nella medicina tradizionale, si può dire che siamo soltanto agli inizi. Le premesse tuttavia sono più che incoraggianti. Attualmente infatti l’efficacia dell’iperico viene studiata per la cura dell’AIDS, di varie forme di cancro, dell’enuresi notturna nei bambini, di alcune malattie della pelle (come la psoriasi), dell’artrite reumatoide, delle ulcere peptiche e, non ultimo, del mal di testa da sbornia. (L’iperico si solubilizza bene e si conserva nell’alcool. Chissà, forse, tra qualche tempo, l’iperico sarà aggiunto alle bevande alcoliche perché agisca come “riduttore” dei postumi delle sbronze…)
Le novità positive
A questo punto, dopo aver esaminato le caratteristiche generali dell’iperico e della depressione, possiamo approfondire le novità positive riguardanti i rapporti tra la pianta e la malattia.
La ricerca medica ha dimostrato che l’iperico è un trattamento efficace per la depressione: altrettanto efficace, nella maggior parte dei pazienti, degli antidepressivi tradizionali. In sintesi, le ricerche cliniche dimostrano che dal 50 all’80 per cento dei pazienti depressi manifesta una significativa diminuzione dei sintomi e un corrispondente aumento dello stato di benessere. L’entità del successo è comparabile a quella degli antidepressivi tradizionali; tuttavia, a differenza di questi ultimi:
- gli effetti collaterali dell’iperico sono pochi e lievi,
- l’iperico costa molto meno,
- l’iperico non ha bisogno di ricetta medica.
Tutto ciò rende chiaro fino a che punto questa pianta può essere usata nel trattamento sia della depressione a lungo termine e a bassa intensità sia della depressione maggiore nella sua forma lieve e in quella moderata.
Oltre cinquemila pazienti sono stati coinvolti nel suo studio iniziale e oltre duemila tra loro sono stati inclusi in studi in doppio cieco. Otto comparazioni testa a testa hanno dimostrato un’efficacia dell’iperico paragonabile a quella dei tarmaci tradizionali, ma con minori effetti collaterali. In Germania, più di venti milioni di persone assumono regolarmente l’iperico contro la depressione.
Gli effetti collaterali dell ‘iperico
Utilizzata per secoli dalla medicina popolare, l’erba di san Giovanni vanta un eccellente record di sicurezza, confermato da ricerche mediche recenti. L’uso massiccio di iperico in Germania (sessantasei milioni di dosi giornaliere all’anno) non ha prodotto referti medici che denuncino un grave impatto con il farmaco o un effetto tossico in seguito a un iperdosaggio accidentale.
D’altro canto, non esiste sostanza che possa dirsi del tutto sicura. Infatti, qualunque elemento tra quelli essenziali alla nostra vita, se assunto in eccesso, è molto dannoso. Ecco perché su tutte le confezioni dei farmaci è riportata l’indicazione: “da vendersi soltanto dietro presentazione di ricetta medica “. Anche il comune sale da cucina un minerale necessario per la nostra vita è mortale se ingerito in quantità eccessiva.
Nell’analizzare gli effetti collaterali di una certa sostanza, bisogna anzitutto valutare il pericolo relativo. In altri termini, ci si deve chiedere: quanto è tossica una data sostanza rispetto a un’altra? L’aspirina è meno tossica della morfina, ma più tossica, per esempio, della vitamina C.
Vanno altresì confrontati i rischi con i benefici relativi, il danno causato dalla malattia e il danno potenziale derivabile dal trattamento. La chemioterapia utilizza alcune tra le sostanze chimiche più tossiche, ma, se pensiamo alle conseguenze del non utilizzo di tali sostanze la morte per cancro, esse diventano clinicamente accettabili.
Che cosa possiamo dire dell’iperico a questo riguardo?
Dal punto di vista della tossicità, l’iperico è più sicuro dell’aspirina. Negli Stati Uniti, ogni anno da cinquecento a mille persone muoiono a causa dell’aspirina, in genere per emorragie inteme. L’iperico, al confronto, non ha registrato un solo decesso in almeno 2400 anni di impiego farmacologico.
Infatti l’unico effetto tossico di cui siamo a conoscenza si manifesta in alcuni animali a pelo corto, come la pecora, che muore non tanto per avere ingerito, brucando, grandi quantità di erba di san Giovanni, ma per essersi esposta al sole successivamente: questa è la ragione per cui in Australia l’iperico è considerato un’erba dannosa. L’iperico aumenta la sensibilità dell’animale alla luce, per cui questo si ammala e talvolta muore a causa delle ustioni (in termini medici si parla di fototossicità).
Questo fenomeno, per quanto teoricamente possibile negli uomini, non è mai stato documentato in rapporto alle dosi di iperico raccomandate per la cura della depressione. Anche nel caso della ricerca sull’AIDS, che implica la somministrazione di iperico per via endovenosa in quantità trentacinque volte superiori a quelle per la depressione, gli effetti fototossici sono stati scarsi e comunque mai letali. (E allo studio la possibilità di ricorrere a dosi più elevate di iperico sfruttandone le proprietà antivirali).
Tuttavia il rischio della fototossicità va considerato se il paziente ha già manifestato una sensibilità specifica alla luce solare o se è in cura con altri farmaci fotosensibilizzanti, come la Clorpromazina o le Tetracicline.
In uno studio condotto su 3250 pazienti sottoposti a iperico, solo il 2,4 per cento ha manifestato effetti collaterali.
Tali effetti collaterali tendono a essere lievi. Le affezioni gastrointestinali rappresentano lo 0,6 per cento, le reazioni allergiche lo 0,5 per cento, l’astenia lo 0,4 per cento, l’agitazione lo 0,3 per cento.
(E interessante tuttavia notare che, in quindici studi condotti su 1008 pazienti, gli effetti collaterali nel gruppo di controllo, cui era stato somministrato un innocuo placebo, sono stati leggermente superiori a quelli del gruppo sottoposto a iperico: 4,8 per cento nel gruppo del placebo contro 4,1 per cento nel gruppo dell’iperico. Anche il tasso delle interruzioni si è dimostrato superiore nel gruppo del placebo: 1,8 per cento rispetto allo 0,4 per cento nel gruppo dell’iperico.)
Un valore superiore viene riportato dal British Medical Journal in una rassegna di sei studi sull’iperico: il 10,8 per cento dei pazienti ha manifestato effetti collaterali con l’iperico (simili a quelli elencati sopra) contro il 35,9 per cento di effetti collaterali nei pazienti trattati con farmaci antidepressivi tradizionali. Anche in base a questo valore, il British Medicai Journal ha concluso che gli effetti collaterali dell’iperico sono “rari e di lieve entità”.
Sempre il British Medical Journal ha proposto che vengano svolti ulteriori studi sui possibili effetti collaterali dell’iperico a lungo termine, una raccomandazione che sottoscriviamo di tutto cuore, forti anche di quei riscontri positivi nella storia della medicina popolare che abbiamo già ricordato, come pure dei ventidue milioni di persone che in Germania hanno assunto l’iperico per oltre un anno senza manifestare alcun nuovo effetto, o effetti negativi più diffusi, rispetto a quelli riscontrati da studi clinici effettuati sul breve periodo.
A questo proposito vale la pena segnalare che alcuni dei più preoccupanti effetti collaterali degli antidepressivi tradizionali – disfunzioni sessuali, interazioni negative con l’alcol o con altri farmaci, secchezza delle fauci, cefalea – non sono stati individuati nei pazienti trattati con l’iperico.
Inoltre, gli effetti negativi dell’iperico si sono dissolti quando i pazienti ne hanno sospeso l’uso. Non sono dunque stati rilevati effetti collaterali “irreversibili”: in altre parole non si è verifìcato alcun danno permanente e tutti gli effetti nocivi sono scomparsi non appena i pazienti hanno smesso di assumere l’iperico.
A ogni buon conto, se paragonati ai sintomi della depressione, gli effetti negativi dell’iperico sono lievi. Ricordiamo che sono stimati in 21.000 i suicidi (il 70 per cento del totale) causati direttamente dalla depressione non curata. E vari studi hanno dimostrato che, per ogni suicidio, vi sono dieci tentati suicidi e un centinaio d’individui che meditano seriamente di togliersi la vita.
La depressione non curata è la causa principale dell’alcolismo e dell’abuso di droghe. Una percentuale significativa di divorzi, di violenza nei confronti dei familiari, di assenteismo, di perdita del lavoro e di fallimenti è attribuibile a una depressione trascurata.
Si stima che negli Stati Uniti le perdite associate alla depressione superino i quaranta miliardi di dollari l’anno. E chi può stabilire il prezzo della sofferenza quotidiana dei dodici milioni di americani e dei tre milioni circa di italiani che soffrono di depressione ma che non ricevono alcun trattamento?
Se li paragoniamo ai sintomi della depressione, gli effetti collaterali dell’iperico appaiono trascurabili. Per la maggior parte delle persone che soffrono di depressione, i potenziali benefici superano di gran lunga l’eventuale rischio nell’assunzione dell’iperico.
La bassa percentuale di effetti negativi dell’iperico – in particolare nelle dosi raccomandate per la cura della depressione – lo colloca nella categoria delle erbe, delle vitamine, dei minerali e dei farmaci “da banco”. Dunque, a condizione di essere sempre attenti ai potenziali effetti collaterali, i consumatori bene informati possono assumere l’iperico con assoluta tranquillità.
Dosaggio dell ‘iperico
in base alla maggior parte degli studi clinici, la posologia ottimale dell’iperico è pari a 300 mg di estratto di iperico, contenenti lo 0,3 per cento di ipericina (un ingrediente attivo dell’iperico), tre volte al giorno. La dose di 300 mg è contenuta in una singola compressa o capsula.
Secondo alcuni studi, una compressa per pasto – colazione, pranzo, cena – è un modo conveniente ed efficace di assumere l’iperico. Secondo altri, due dosi da 300 mg a colazione e una terza dose a pranzo o a cena funzionano meglio.
Dato che l’iperico viene tollerato così bene dall’organismo, gli esperimenti relativi al dosaggio e ai tempi di assunzione presentano rischi assai inferiori rispetto a quelli derivanti della sperimentazione con i tarmaci tradizionali.
Poiché gli effetti collaterali sono pochi anche con dosi significativamente superiori, è possibile, per esempio, assumere quattro capsule da 250 mg al giorno, qualora siano le uniche disponibili.
I bambini molto piccoli dovrebbero prendere complessivamente 300 mg di iperico al giorno, mentre quelli un po’ più grandi possono arrivare a 600 mg al giorno. Per gli adolescenti si consiglia la dose di un adulto.
L’efficacia dell’iperico nel curare la depressione non dovrebbe essere valutata se non dopo sei settimane di trattamento con una dose giornaliera di 900 mg. Analogamente agli antidepressivi tradizionali, l’effetto dell’iperico si manifesta per gradi. Le ricerche però indicano che, in genere, l’iperico impiega più tempo degli antidepressivi tradizionali per raggiungere il massimo effetto.
Attenzione quindi a non interrompere il trattamento dopo una o due settimane, dicendo: “Secondo me, questo metodo non funziona”. Prestate attenzione ai possibili effetti collaterali, assumete l’iperico come indicato ed effettuate una valutazione oggettiva dei benefici dopo sei settimane dall’inizio della cura.
Nel caso in cui si verifichino effetti negativi, siete comunque tenuti a consultare il vostro medico di fiducia. Spesso tali effetti dell’iperico – in particolare quelli più blandi – vanno incontro a una remissione spontanea con l’assuefazione da parte dell’organismo. Talvolta invece è necessaria una leggera diminuzione della dose prima che l’organismo si assesti.
Qualora i sintomi siano gravi, invece, interrompete l’assunzione di iperico e interpellate il medico. Tutti i sintomi dovrebbero scomparire entro pochi giorni.
Se i sintomi della depressione dovessero peggiorare o indurvi a seguire un impulso suicida, chiamate immediatamente il medico.
Dopo sei settimane, in funzione del risultato ottenuto, si può decidere se assumere una dose di iperico leggermente superiore o leggermente inferiore.
Se nell’arco di sei settimane non avete avvertito alcun effetto benefico, consultate il medico e discutete con lui la possibilità di ricorrere a un antidepressivo tradizionale. Al pari dell’iperico, gli antidepressivi da prescrizione non sono ne stimolanti né “eccitanti” e neppure creano dipendenza.
La depressione deve essere curata, anche se a un costo e con effetti collaterali maggiori, qualora gli antidepressivi tradizionali siano necessari per trattarla efficacemente.
Ricordate che si può scegliere tra molti antidepressivi. Se ne assumete uno poco efficace, o che vi procura gravi effetti collaterali, parlatene al medico: sicuramente troverete l’antidepressivo che fa al caso vostro.
I giovani, gli anziani e i malati
Il 2 per cento dei bambini e il 5 per cento degli adolescenti soffrono di depressione. Gli individui che hanno più di sessantacinque anni e i malati cronici o gravi hanno maggiori probabilità di essere depressi rispetto al resto della popolazione.
Purtroppo, costoro tollerano meno gli effetti collaterali causati dagli antidepressivi tradizionali, oppure trovano che questi ultimi interagiscono negativamente con i medicinali che stanno già assumendo.
Dati i suoi ridotti effetti collaterali, l’apparente assenza di interazioni con gli altri farmaci e il costo relativamente basso, l’iperico si propone dunque come la scelta ideale per alleviare i sintomi depressivi soprattutto nei soggetti più giovani, in quelli anziani e nei malati.
Bisogna comunque essere estremamente cauti nel prescrivere farmaci ai bambini. Il loro sistema nervoso infatti è ancora in fase di sviluppo, e per questo motivo il medico è spesso restio a prescrivere antidepressivi ai bambini. Con l’iperico tale preoccupazione si riduce di molto.
Nei giovani e negli anziani, invece, di solito la depressione viene liquidata con frasi del tipo: “E’ una fase passeggera” (per i primi) o: “E’ una fase del processo d’invecchiamento” (per i secondi). Se però la “fase” dura più di due settimane, allora siamo in presenza di una depressione.
Il semplice “invecchiare”, inoltre, non dovrebbe mai includere i sintomi della depressione su base evolutiva. Come ha riferito il dottor Michael Jenike, curatore del Joumal of Geriatrie Psychiatry and Neurology, ” i ridotti effetti collaterali rendono l’iperico particolarmente indicato per la cura delle forme lievi e moderate di depressione nei nostri pazienti anziani”.
Nei malati, infine, i sintomi della depressione spesso si confondono con quelli della malattia fisica: astenia, dolori, confusione, ansia… Eppure, giacché una grave malattia può innescare una depressione, a maggior ragione va tenuta presente l’eventualità che un individuo in condizioni fisiche non buone sia depresso. E’ dunque sbagliato liquidare sbrigativamente quei sintomi come “inevitabili conseguenze della malattia”.
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